I passaporti di Archie e Lilibet
No, Harry e Meghan non sono impazziti e non volevano cambiare all'improvviso il cognome di famiglia in Spencer. The Guardian rivela il retroscena legato ai passaporti dei piccoli Sussex.
#21/2025
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Oggi il retroscena svelato dal quotidiano The Guardian a proposito del ventilato cambio di cognome dei Duchi del Sussex. Una scelta non improvvisa, ma legata alle difficoltà di ottenere il passaporto britannico di Archie e Lilibet, probabilmente per la presenza dei loro titoli reali.
Buona lettura!
I passaporti di Archie e Lilibet
Di tanto in tanto sembra che i Duchi del Sussex impazziscano e si mettano a fare cose senza senso. Tipo, improvvisamente, cinque anni fa, hanno deciso di andarsene e si sono messi a scrivere autobiografie e a rilasciare interviste dal niente. Come se non ci fossero stati precedentemente quattro anni di violenze mediatiche sistematiche contro di loro permesse dalla Casa Reale. E come se chiunque potesse parlare di loro, dicendone peste e corna, senza avere loro diritto di replica né di ristabilire la verità.
Dunque, i Duchi sono di nuovo impazziti e all'improvviso hanno deciso che il cognome di famiglia non andava più bene e preferivano adottare quello materno di Harry, Spencer. Così, dal niente, senza una ragione. Zio Spencer, consultato dal nipote impazzito, gli ha giustamente detto di lasciar perdere perché il cambio di cognome avrebbe creato diversi problemi legali e, soprattutto, avrebbe creato una frattura davvero definitiva con la Famiglia Reale. La notizia, sparata dal Mail on Sunday, versione domenicale del solito Daily Mail, era questa. Meno male che è stata poi spiegata da un'esclusiva del quotidiano progressista The Guardian. Sì, Harry e Meghan hanno effettivamente pensato di cambiare cognome, ma "a causa dei ripetuti ritardi da parte delle autorità britanniche nel rilascio dei passaporti per i loro figli". L'idea è nata per "pura esasperazione" ed è "arrivata durante un incontro faccia a faccia tra il principe Harry e suo zio, il conte Spencer. A quanto pare, questi si è mostrato entusiasta e favorevole al cambio di nome" scrive il quotidiano.
Un passaporto britannico viene consegnato nel giro di tre settimane, per i piccoli Sussex ci sono voluti quasi sei mesi. Nel 2022, alla morte della regina Elisabetta ed essendo diventato re Carlo III, lo status dei figli di Harry è cambiato: sono diventati principi e Altezze Reali. Il nuovo passaporto doveva registrare questa novità. E, secondo una fonte vicina ai Duchi e consultata dal Guardian, "il Duca e la Duchessa temevano che i funzionari del Regno Unito tergiversassero perché le domande di passaporto includevano i titoli di Altezza Reale per entrambi i bambini. Nelle domande veniva utilizzato anche il cognome Sussex, che la famiglia aveva già iniziato a usare pubblicamente; fino al 2023, Archie aveva avuto passaporti statunitensi e britannici con il nome Mountbatten-Windsor". Secondo la fonte riportata dal quotidiano, "il re non voleva che Archie e Lili portassero i titoli, soprattutto quello di Altezza Reale, e i passaporti britannici, una volta creati, sarebbero stati la prima e forse l'unica prova legale dei loro nomi". Secondo il Guardian, Harry vuole che i figli mantengano i loro titoli, affinché possano poi decidere da adulti se utilizzarli e se tornare nel seno della Famiglia Reale.
Dopo tre mesi di attesa, a causa di "problemi tecnici", Harry e Meghan hanno rinnovato la richiesta, ma l'appuntamento è stato annullato a causa di un "guasto di sistema". "Preso dall'esasperazione" scrive The Guardian, Harry "è andato dallo zio e gli ha detto in modo semplice: 'La mia famiglia dovrebbe avere lo stesso cognome e loro stanno impedendo che ciò accada perché i bambini sono legalmente Altezze Reali, quindi se la situazione dovesse complicarsi e non permettessero più che i bambini si chiamino Sussex, allora possiamo usare Spencer come cognome?'"
La discussione non è andata oltre perché gli avvocati dei Sussex "avevano inviato una lettera minacciando una richiesta di accesso ai dati personali. Ciò avrebbe potuto rivelare i dettagli dei ritardi e la natura di eventuali discussioni dietro le quinte tra i funzionari britannici responsabili del rilascio dei documenti". E dopo questa minaccia i passaporti sono arrivati nel giro di qualche giorno.
Il Guardian riporta che la ricostruzione del Mail on Sunday, secondo la quale Charles Spencer avrebbe sconsigliato al nipote di cambiare nome "è completamente falsa". Fa sapere che né Buckingham Palace né i Duchi del Sussex hanno voluto commentare la vicenda, al considerarla questione personale della famiglia. In compenso, però, il Telegraph ha chiesto alla Casa Reale se avesse avuto un ruolo nel ritardo della consegna dei passaporti e un portavoce ha risposto con un perentorio "No". Perché la Casa Reale non risponde a un quotidiano progressista e risponde a un tabloid conservatore? Mistero.
Come sa chi mi legge da tempo, tendo a leggere chi offre punti di vista generalmente poco visibili, ma ricchi di spunti di riflessione. Feminegra.com, pagina che offre spazio a "voci audaci" e punti di vista delle persone di colore, ha sempre interessanti interpretazioni sulle vicende dei Windsor. Come questa.
"Il reportage del Guardian svela il piano più profondo di Re Carlo. Non si trattava di conflitti familiari. Ha rivelato un tentativo calcolato di controllare il figlio ed emarginare i nipoti, usando l'influenza reale e la burocrazia statale per bloccare la loro identità legale. Questa battaglia su nomi e passaporti non è iniziata nel 2024. È iniziata nei salotti di palazzo molto prima della nascita di Archie e Lilibet, quando qualcuno nella Famiglia Reale si è chiesto quanto scura potesse essere la pelle di Archie".
E ancora: "Se il resoconto del Guardian è accurato, Harry non agiva spinto dall'emozione: stava cercando rifugio. Con Carlo che li privava della sicurezza, li sfrattava da Frogmore Cottage e bloccava il riconoscimento legale dei loro figli, Harry si è rivolto all'unico ramo della sua famiglia che non aveva mai cercato di cancellarlo. Ha cercato protezione nel nome di sua madre. Il cognome Spencer rappresentava una sicurezza al di fuori del controllo di una monarchia determinata a punirlo. Il conte Spencer, da tempo custode dell'eredità di Diana, pare fosse aperto all'idea. Scegliere Spencer avrebbe offerto ad Archie e Lilibet un senso di identità che la Famiglia Reale si rifiutava di onorare. Non come un rifiuto dell'eredità, ma come una difesa contro l'essere esclusi da essa. La stampa non si è limitata a travisare la notizia, ma ha anche lavorato per controllarla. Le testate di destra hanno definito il potenziale cambio di nome un insulto personale a Re Carlo. Altri hanno trasformato Meghan nell'artefice del conflitto familiare. Persino la stampa mainstream si è abbandonata a facili drammi, ignorando il peso legale e politico della situazione".
E infine: "Ma sotto i titoli dei giornali si cela una verità che pochi vogliono affrontare. Re Carlo non ha fatto nulla per proteggere i figli di Meghan e Harry. Ha negato loro la sicurezza. Ha bloccato i loro diritti legali. E i passaporti sono arrivati solo dopo minacce legali. Questo non è il comportamento di un nonno premuroso, è la condotta di un uomo che vuole che i suoi nipoti birazziali vengano cancellati".
Si può essere o meno d'accordo con questa interpretazione della vicenda, ma una cosa non va dimenticata: è il punto di vista di una persona di colore. E nel Regno Unito ci sono milioni di persone di colore o appartenenti a minoranze etniche.
Frase della settimana
"Per ora, è nei nostri pensieri, quando il lavoro qui finirà, torneremo a casa"
(principe Joachim di Danimarca, in un’intervista a TV2)
Pillolette
Charlotte Casiraghi ha scritto un articolo per Madame Figaro, in cui invita al tatto e alla delicatezza, quando si tratta di raccontare la verità: "A volte crediamo che la lucidità giustifichi tutto, che basti avere ragione, parlare, decidere e mettersi a tavola. Ma ricevere verità tutto il giorno, senza delicatezza, può portare non solo al danno, ma all'annientamento".
Bevolutive è il nome dell'impresa appena lanciata da Iñaki Urdangarin, per offrire servizi di personal coaching in ambito sportivo, imprenditoriale e personale. Per questo lavoro si è preparato mentre era in carcere, a causa del caso Noos: "La somma di tutti gli Iñaki che sono stato mi hanno permesso di essere chi sono adesso" ha detto. I suoi quattro figli e l'Infanta Cristina, sua ex moglie, approvano.
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Soltanto grazie, per cercare le notizie, le altre, quelle che non fanno vomitare bile, quelle che necessitano di voglia di sapere, conoscere, andare in profondita'. Insomma quello che deve fare per deontologia professionale un giornalista. Libero.
In bocca al lupo a Joakim ed Inaki per il loro futuro. Trovo sempre molto interessanti i profili di coloro che sono in "seconda fila" un po' per scelta, per destino o situazioni della vita.