La serie tv su Máxima. Le parole di Rania
Una serie tv sulla regina Máxima, dall'Argentina fino al fidanzamento con Willem Alexander dei Paesi Bassi. Il doppio standard dell'Occidente sul Medio Oriente che indigna Rania di Giordania.
#40/2023
Due donne (o forse tre), protagoniste di questo numero della newsletter.
A Cannes è stata presentata Máxima, la serie tedesco-nederlandese che racconta la vita della regina dei Paesi Bassi fino al fidanzamento con Willem Alexander: è la storia di una donna che è sopravvissuta alle discriminazioni e ha saputo sempre adattarsi agli ambienti in cui si muoveva, anche la Corte nederlandese.
Da Amman si è levata nei giorni scorsi la voce di Rania di Giordania, che ha denunciato alla CNN il doppio standard dell’Occidente sul conflitto tra Israele e i palestinesi; con lei anche re Abdallah, che ha chiesto invano cessate il fuoco e umanità per la gente rimasta a Gaza. I sovrani del glamour che usano il loro prestigio per la causa più importante del Medio Oriente, la convivenza tra Israele e i suoi vicini.
C’è una terza donna, dicevo, nell’Unpopular opinion, che ancora una volta riguarda il Regno Unito (immagino sia per la narrazione, lontana dal culto dei Windsor). Un articolo di El Mundo racconta il fallimento, con i suoi i numeri e i dati nascosti, di Party Pieces, l’azienda che Carole e Michael Middleton, genitori della Principessa del Galles, hanno venduto senza assumersi la responsabilità dei debiti. E il Daily Mail la difende dai recenti attacchi, ricevuti nel Berkshire a causa dei debiti non pagati.
Dalla prossima settimana, torniamo alla regolare uscita del giovedì. Grazie per la pazienza e buona lettura! Come sempre, se volete condividere la newsletter, c’è il bottone più in basso.
La serie tv su Máxima: ritratto di una sopravvissuta diventata regina
Non ci sono ancora né la piattaforma (o canale tv) né una data di uscita, ma Máxima, la serie sulla vita della regina dei Paesi Bassi, è già stata presentata al MIPCOM di Cannes, il più importante mercato televisivo del mondo.
Dal libro alla tv, una storia "realistica"
Ispirata al libro Máxima Zorreguieta: Moederland della giornalista nederlandese Marcia Luyten, la produzione tedesco-nederlandese ripercorre in sei episodi i primi 30 anni di vita di Máxima Zorreguieta, dalla nascita a Buenos Aires, nel seno di una famiglia "irregolare", al fidanzamento con Willem Alexander van Oranje-Nassau, l'erede al trono dei Paesi Bassi, nel 2001. I produttori hanno cercato di tenersi il più lontano possibile da The Crown, diventato il punto di riferimento per le serie che raccontano i sovrani contemporanei. "È una storia vera, anche se sembra una favola" ha detto Justus Riesenkampff di Beta, che produce la serie con la nederlandese Millstreet Films. La veridicità è stata l'obiettivo: "Abbiamo cercato di essere il più realisti possibile. Siamo partiti dal libro di Marcia, che è una buona base, ma non è un diario personale. A questo hanno lavorato le nostre sceneggiatrici" ha detto a El País Rachel van Bommel.
Due mesi di addestramento per diventare principessa
Máxima è stata interpretata da Delfina Chaves, attrice argentina di una certa popolarità in patria, che ha voluto imparare il nederlandese. Come in fondo ha fatto la protagonista della serie. Poco prima dell'annuncio del fidanzamento, Máxima è stata preparata al suo futuro ruolo in un piccolo paesino belga, in cui la Casa Reale l'ha praticamente reclusa per un paio di mesi, per insegnarle lingua, cultura, storia e protocollo. "È diventata una nederlandese in tempo record. Ha rinunciato al suo lavoro di economista a New York e ha cambiato vita all'improvviso" sostiene Soledad Ferrari, autrice del libro Máxima, una historia real. Una delle sue mentori è stata Ottoline Gaarlandt, dama di compagnia dell'allora regina Beatrice, che le ha insegnato tutto sugli usi della Corte.
Figlia di una coppia "irregolare" nella Buenos Aires degli anni '70
Di suo Máxima ha portato una grande determinazione e una personalità travolgente. Sono entrambe il frutto della sua infanzia e della sua capacità di sopravvivere nella Buenos Aires conservatrice, primogenita di Jorge Zorreguieta e María del Carmen Cerruti, una coppia convivente perché l'Argentina dell'epoca non ammetteva il divorzio e Jorge era sposato con la scrittrice Marta López Gil, da cui aveva avuto le figlie María, Ángeles e Dolores. La Buenos Aires conservatrice degli anni '70 non vedeva di buon occhio le coppie non sposate e non facilitava la vita dei figli "naturali" (dopo Máxima sono nati Martín, Juan e Inés). Cresciuti in un appartamento di Recoleta, uno dei quartieri residenziali della capitale argentina, i quattro piccoli Zorreguieta non hanno avuto l'educazione in scuole cattoliche e tradizionali, come sarebbe piaciuto alla madre, perché non ammettevano i figli di coppie separate e tanto meno conviventi. Così Máxima ha studiato nel Northlands School, collegio britannico e laico per ragazze ben nate, non essendo lei di famiglia ricca e dimostrando, però, la sua capacità di adattamento.
Una rete argentina di sostegno
Con questo spirito è arrivata nei Paesi Bassi, conquistandoli subito con il suo carattere estroverso. Oggi, raccontano i media, conta nel Paese d'adozione su una rete di amicizie in cui non mancano le tre argentine de toda la vida, perché ok essere diventata nederlandese in tempo record, ma l'Argentina è sempre nel cuore. Graciela Rossetto, che ha sposato Coen van Dijk, uno degli amici più intimi di Willem Alexander, e che è una dei fotografi ufficiali della Famiglia Reale. Graciela Prosperi, anche lei sposata nei Paesi Bassi e direttrice di un'agenzia di scambio culturale. E Samantha Deane, sposata con il barone di Rengers, un altro amico del re. E a vegliare su questo piccolo mondo argentino trapiantato nei Paesi Bassi c'è ovviamente María del Carmen Cerruti, che da quando è rimasta vedova, nel 2017, passa molto tempo in Huis ten Bosch, la residenza dei sovrani, insieme alla figlia e alle nipoti. "La sua opinione è sempre importante per la regina, è una delle sue consigliere più ascoltate e purtroppo è anche colei che le ha trasmesso l'ossessione per il peso e per le diete per controllarlo" dice Rodolfo Vera Calderón, con Paula Galloni autore di Máxima: La construcción de una reina.
Il conflitto di Máxima, nella seconda stagione
La serie televisiva si concentra sugli anni della formazione di Máxima e sull'incontro con Willem Alexander. Una strana coppia: lei che si è guadagnata tutto, come rivincita per la sua situazione di figlia "irregolare", lui che ha avuto tutto, viziato dai privilegi di nascita. "Pensavo che lui non potesse essere sufficientemente attraente per una donna come lei, poi mi sono resa conto che a lei divertiva il suo senso dell'umorismo" ha detto la sceneggiatrice Marnie Blok a El País. Se la prima stagione non ha ancora una data di uscita, i produttori stanno già pensando alla seconda, in cui avrà grande protagonismo il conflitto vissuto da Máxima alla viglia del matrimonio, quando è stata costretta a rinunciare alla presenza di suo padre, Segretario di Agricoltura e Allevamento durante la dittatura militare. In quell'occasione le fu vicina la regina Beatrice: "Ha sempre mostrato molto carattere ed è stata molto intelligente, perché lei e suo marito Claus avevano dovuto affrontare gli stessi ostacoli. Sapeva cosa stava vivendo Máxima e fu molto attenta. Anche perché pensava che Willem Alexander avesse bisogno di una donna forte al suo fianco" commenta Elsie de Brauw, l'attrice nederlandese che interpreta Beatrice.
E ditemi se non avete già voglia di vedere la prima e pure la seconda stagione di Máxima.
Pillolette
Gli inviti sono stati inviati a tutta la Famiglia Reale, ma non è detto che alla festa privata per i 18 anni della Principessa Leonor di Spagna siano presenti tutti i familiari. Hanno già dato il loro ok le Infante Elena e Cristina e da Abu Dhabi stanno arrivando re Juan Carlos e Felipe de Marichalar. Di sicuro non ci sarà Victoria Federica de Marichalar, che aveva già preso altri impegni: ha in programma un viaggio in Perù con amici, con spese già pagate e non ha potuto rimandare. Se la Casa Reale non cambia idea, del resto, non ci saranno foto da El Pardo, dove si terrà la festa.
Un incidente domestico e Carl Philip di Svezia deve rinunciare a una delle sue attività preferite: le corse automobilistiche. Il secondogenito di Carl Gustaf e Silvia è caduto in casa e per questo nelle ultime apparizioni in pubblico aveva il braccio destro ingessato. Niente di grave, anche perché lui è mancino e, dunque, avere il braccio destro ingessato non gli crea particolari problemi nella vita quotidiana. Li crea, però, nella sua passione per le auto: il principe non potrà partecipare alle gare né allenarsi nelle prossime settimane. Un bel problema, in piena stagione agonistica.
Frase della settimana
"Vorrei lavorare con mio padre e diventare, diciamo, ambasciatore globale di Monaco, per riportare opportunità di business a Monaco"
(Alexandre Grimaldi, figlio illegittimo del principe Albert II di Monaco, in un'intervista a Tatler)
Unpopular opinion
Alcuni mesi fa, la vendita di Party Pieces, l'azienda di articoli per le feste infantili con cui Michael e Carole Middleton, genitori di Catherine del Galles, hanno costruito la loro fortuna, è stata raccontata come una delle tante sfortunate parabole del dopo covid. Ma scrive El Mundo: "La situazione dell'azienda prima della chiusura era di assoluta perdita. Il segnale del disastro incombente è arrivato quando uno dei tre soci, Steven Bentwood, amministratore delegato dell'azienda, ha rassegnato le dimissioni il 23 marzo, seguito un giorno dopo dall'altro socio, Darryl Eales, entrambi assunti nel 2019. A quel punto i Middleton hanno deciso di vendere l'azienda e hanno contattato più di 100 potenziali acquirenti prima che Sinclair accettasse la loro offerta. La trattativa, tuttavia, si è conclusa perché i Middleton hanno gonfiato i loro attivi nei libri contabili".
Il quotidiano spagnolo fa un po' di conti: "Party Pieces aveva un attivo di 197.739 sterline (226.000 euro), mentre i libri contabili mostravano un attivo di 589.804 sterline (676.000 euro), che ovviamente corrispondeva a una sopravvalutazione dell'azienda di 392.065 sterline (449.000 euro) che Sinclair non era disposto a finanziare. Un esempio di questi beni tratto dal rapporto ufficiale è il seguente: secondo i Middleton, la proprietà intellettuale, i computer, l'avviamento erano valutati 214.479 sterline (245.000 euro), ma il loro valore reale era di 60.000 sterline (68.700 euro). Anche le scorte sono state valutate 307.590 sterline (352.500 euro), ben oltre il loro valore reale (120.000 sterline). Il documento ufficiale riporta anche le passività. Prestiti e creditori: 2.181.440 sterline (2,5 milioni di euro). Dipendenti e ufficio imposte: 612.686 sterline (702.000 euro). Il totale delle passività ammonta a 2.794.126 sterline (3,2 milioni di euro). Sottraendo l'attivo di 197.739 sterline dal passivo di 2.794.126 sterline, i Middleton finiscono per avere un debito di 2.596.387 sterline (quasi tre milioni di euro) tra fornitori che hanno fornito loro attrezzature, società di servizi e prestiti. Tra i creditori figurano aziende più grandi come Amtrol-Alfa, con sede in Portogallo, che ha fornito alla Party Pieces i gonfiatori di palloncini, e il prestito governativo Covid di 218.749 sterline (250.600 euro) della Royal Bank of Scotland, che i contribuenti dovranno pagare in quanto sostenuto dalle casse pubbliche".
E conclude: "Basta guardare i conti degli anni precedenti per capire cosa è successo. Party Pieces ha avuto difficoltà finanziarie per anni e l'attività era in corso con l'ingresso di nuovi investitori in un'azienda mal gestita. Poi è arrivato il Covid e l'azienda è crollata. Non c'era più denaro da investire nelle celebrazioni e il castello di carte su cui si basavano le finanze è crollato". Questo il punto di vista economico. Poi c'è quello etico: "I Middleton hanno accumulato immobili di valore e molti creditori si chiedono perché non abbiano venduto alcune delle proprietà e non abbiano fatto fronte ai debiti. Per il momento la domanda rimane senza risposta".
Negli stessi giorni in cui El Mundo ha pubblicato il suo articolo, il britannico Daily Mail ha raccontato che nei dintorni di Bucklebury Manor, la casa georgiana dei Middleton, nel Berkshire, sono apparsi cartelli in cui si ricordavano i loro debiti, li si invitava a pagarli e si chiedeva loro se riuscivano a mangiare e a dormire. Chi li abbia appesi nelle strade, non si sa, si sospetta siano iniziativa dei creditori, ma non c'è prova di questo. L'articolo difende i Middleton, persone per bene e grandi lavoratori, ingiustamente attaccati. Certo, lasciare sul lastrico decine di persone, non pagare le tasse e far pagare i propri debiti con la banca ai contribuenti, rimanendo nella propria residenza del Berkshire, è proprio da persone per bene. Il mondo capovolto.
Le parole di Rania e il doppio standard dell'Occidente
"Non è autodifesa, se sei forza d'occupazione". Con queste dure parole, scritte nelle storie del suo profilo Instagram, la regina Rania ha preso subito posizione sull'ultimo episodio del conflitto che da 75 anni divide Israele e palestinesi ed è diventata il volto visibile del punto di vista arabo.
Il conflitto israelo-palestinese, dal 7 ottobre
Il 7 ottobre, ormai lo sappiamo tutti, Hamas, ha dato il via alla cosiddetta Operazione Alluvione Al-Aqsa, con la quale ha lanciato migliaia di missili contro Israele e, contemporaneamente, è penetrata nel territorio israeliano, uccidendo a sangue freddo centinaia di persone, sequestrandone altre centinaia e impossessandosi di numerosi mezzi militari trovati nelle sedi assaltate a sorpresa. La risposta di Israele non si è fatta attendere: Gaza è sotto assedio, non è permesso l'ingresso di beni di prima necessità, non ci sono elettricità e acqua, scarseggiano cibo e medicinali, mentre l'intera Striscia è sottoposta a bombardamenti quotidiani, senza alcuna possibilità di fuga. Si parla di oltre 6000 persone uccise da Israele nei bombardamenti. Una situazione complessa, con radici storiche profonde e con decenni di incomprensioni, manipolazioni, intolleranze dall'una e dall'altra parte. Chi cerca di renderla in modo manicheo, i buoni di qua, i cattivi di là, non rende un servizio alla verità.
L'intervista di Rania alla CNN
Anche per questo sono scesi in campo Abdallah e Rania di Giordania (qualcuno pensa che la regina parli senza avere il consenso del re?). La regina è di origine palestinese, nata in Kuwait da genitori costretti all'esilio. Ed è stata lei, una delle sovrane più popolari del mondo, il volto gentile e occidentalizzante del Medio Oriente, la donna che ha condannato gli attentati dell'ISIS, ricordando che violenza e assassinii sono fuori dall'Islam, a dare parola al punto di vista arabo. "Come madre, ho visto madri palestinesi che devono scriversi i nomi dei figli sulle mani, dato che la possibilità che muoiano sotto i bombardamenti è molto alta. E vorrei ricordare al mondo che le madri palestinesi amano i loro figli come qualunque altra madre al mondo" ha detto nell'intervista rilasciata a Christiane Amanpour (la trovate in inglese su youtube, potete usare anche i sottotitoli automatici in italiano). E poi ha sottolineato la profonda delusione del mondo arabo al vedere "il silenzio assordante dell'Occidente". "Ci stanno dicendo che è male uccidere una famiglia intera con le pistole, ma va bene bombardarla? Qui c'è un doppio standard evidente" ha affermato.
Nessuna vita vale più delle altre: il discorso di Abdallah
L'intervista di Rania, apparsa seria, severa e appassionata, è molto utile per capire i sentimenti dei popoli arabi, secondo i quali la violenza di Israele è tollerata, nel nome dell'autodifesa, mentre quella dei palestinesi, da 75 anni sotto occupazione, è definita sempre terrorismo. Come se le vite degli israeliani valessero più di quelle dei palestinesi. Questi concetti sono stati ripetuti nel suo durissimo discorso da re Abdallah, alla recente Conferenza de il Cairo. Un discorso che vale la pena leggere per intero, lo trovate in inglese su allarab.news, a questo link. "Sono indignato e addolorato per gli atti di violenza compiuti contro civili innocenti a Gaza, in Cisgiordania e in Israele. L’incessante campagna di bombardamenti in corso a Gaza, mentre parliamo, è crudele e inconcepibile, a tutti i livelli. È la punizione collettiva di un popolo assediato e indifeso. Si tratta di una flagrante violazione del diritto internazionale umanitario. È un crimine di guerra. Tuttavia, quanto più profonda è la crisi della crudeltà, tanto meno il mondo sembra preoccuparsene. In qualsiasi altro luogo, attaccare le infrastrutture civili e affamare deliberatamente un’intera popolazione di cibo, acqua, elettricità e beni di prima necessità sarebbe condannato. La responsabilità verrebbe applicata, immediatamente, inequivocabilmente. Ed è già stato fatto in passato, di recente, in un altro conflitto. Ma non a Gaza. Sono passate due settimane da quando Israele ha messo in atto l'assedio completo della Striscia di Gaza. E ancora, per la maggior parte, silenzio globale. Eppure il messaggio che il mondo arabo sta ascoltando è forte e chiaro: le vite palestinesi contano meno di quelle israeliane. Le nostre vite contano meno delle altre vite. L'applicazione del diritto internazionale è facoltativa. E i diritti umani hanno dei confini: si fermano ai confini, si fermano alle razze e si fermano alle religioni" ha detto Abdallah, che ha viaggiato anche in Europa alla disperata ricerca di accordi per fermare la violenza e la guerra.
Il Patto di Omar e il messaggio di pace
Del suo discorso è molto bella anche la parte iniziale, che sua moglie ha poi ricordato nell'intervista alla CNN: "La nostra religione è arrivata con un messaggio di pace. Il Patto di Omar, stipulato alle porte di Gerusalemme quasi 15 secoli fa, più di mille anni prima delle Convenzioni di Ginevra, ordinava ai soldati musulmani di non uccidere un bambino, una donna o un anziano, di non distruggere un albero, di non danneggiare un prete, non distruggere una chiesa. Queste sono le regole di impegno che i musulmani devono accettare e rispettare, così come dovrebbero farlo tutti coloro che credono nella nostra comune umanità. Tutte le vite dei civili contano!"
Il re e la regina della Giordania usano il loro appeal e la loro fama per ricordare i diritti dei palestinesi, silenziati da una narrazione che considera solo Israele vittima della violenza e che rifiuta con sdegno i punti di vista diversi. Grazie a loro, per raccontare la complessità e rifiutare le semplificazioni, madri di tutti i fanatismi.
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